La basilica di San Pietro in Ciel d'Oro (in coelo aureo) è una chiesa situata a Pavia, fondata in epoca longobarda (VIII secolo) e in seguito ricostruita in stile romanico (XII secolo).
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La facciata della chiesa La basilica di San Pietro in Ciel d'Oro (in coelo aureo) è una chiesa situata a Pavia, fondata in epoca longobarda (VIII secolo) e in seguito ricostruita in stile romanico (XII secolo).
20px | Per approfondire, vedi la voce Monastero di San Pietro in Ciel d'Oro. |
La tradizione vuole che la basilica sia stata fondata dal re longobardo Liutprando per ospitare le spoglie di sant'Agostino, comprate in Sardegna da pirati saraceni, che le avevano trafugate da Ippona, attualmente in Algeria.
Da giovane studiò e si formò come monaco Paolo Diacono, storico e poeta dei Longobardi.
Dopo il 1000, in epoca comunale i monaci lasciarono il cenobio pavese a causa dei disordini e si trasferirono sull'Appennino ligure, dando vita al monastero di Pietramartina di Rezzoaglio; a Pavia rimasero attive due chiese dedicate al santo irlandese Colombano fino al XVI secolo.
Successivamente passò ai monaci agostiniani.
Il portale della chiesa Come gran parte delle chiese pavesi, fu ricostruita in epoca romanica, alla fine del XII secolo. Si trovava nella parte nord del centro storico, all'interno di una zona chiamata Cittadella, cinta da mura, che serviva per attività militari (la zona si trova molto vicina al Castello Visconteo). Il nome della basilica è dovuto al fatto che le volte erano affrescate di blu e ricoperte di stelle in foglia d'oro. Ai lati della chiesa si trovavano due conventi; quello a nord era occupato dai canonici lateranensi, quello a sud dai monaci agostiniani.
Nel 1796 le truppe al seguito di Napoleone Bonaparte entrarono in città e spogliarono la chiesa, che fu sconsacrata e usata come stalla o deposito, mentre i frati venivano cacciati ed i conventi affidati ai militari. L'Ottocento fu deleterio per l'edificio: la navata destra fu abbattuta e l'aula rimase aperta all'esterno, con gravissimi danni per gli affreschi sopravvissuti. Di fronte a questo stato, la "Società Pavese per l'arte Sacra" trattò con l'esercito il riacquisto della basilica e dell'antico convento degli agostiniani, avvenuto nel 1884. I lavori di restauro durarono molti anni e si conclusero nel 1901, con la riconsacrazione della basilica. Le spoglie di sant'Agostino, che erano state trasferite nel Duomo, furono riportate nella chiesa, assieme all'arca trecentesca destinata ad accoglierle. Attualmente, la chiesa è officiata dai monaci agostiniani, che sono tornati ad occupare l'antico convento.
Il "Ciel d'Oro" Della chiesa longobarda rimangono pochissimi resti, nascosti sotto la ricostruzione romanica. San Pietro in Ciel d'Oro si presenta, così, come molte altre chiese pavesi dell'epoca: un edificio in mattoni, a tre navate con transetto, abside e cripta.
La facciata a capanna è scandita da due contrafforti che la dividono in tre zone, corrispondenti alle navate interne; il contrafforte di destra, più spesso, ospita una scala interna che permette di accedere al tetto. La sommità è coronata da una loggetta cieca e da un motivo ad archi intrecciati. La pietra (arenaria) è usata solo per le parti più importanti, come il portale, le finestrelle e gli occhi di bue. Lungo i contrafforti si notano le tracce di un antico nartece, o forse di un quadriportico, che precedeva l'ingresso alla chiesa.
L'interno è scandito da quattro campate, coperte da volte a crociera (tranne la prima, coperta da una volta a botte). Dopo l'arco trionfale, si apre il transetto, che, contrariamente a quello di San Michele Maggiore non sporge rispetto al corpo principale, ma occupa la profondità delle tre navate. Sia i due bracci del transetto che il presbiterio sono chiusi, ad est, da absidi; il catino di quella centrale, più grande delle altre due, è decorato da un affresco novecentesco, che riprende un antico mosaico, distrutto nel 1796.
La cripta occupa lo spazio del presbiterio e del coro ed è collegata alla navata principale ed alle due laterali da quattro scale; è un ambiente semplice, chiuso ad est da un'abside, scandito da colonne che reggono volte a crociera, le quali sostengono, a loro volta, il pavimento dei due ambienti superiori. Sia la cripta che la navata destra non sono originali, ma sono rifacimenti in stile del tardo Ottocento.
L'Arca di Sant'Agostino Nel presbiterio, prima del coro, si trova l'Arca di Sant'Agostino, un capolavoro marmoreo del Trecento, scolpito dai maestri comacini. Si tratta di un'opera gotica, divisa in tre fasce: in basso, uno zoccolo contenente l'urna con i resti del santo; al centro, una fascia aperta, con la statua di Sant'Agostino dormiente e, in alto, l'ultima fascia, poggiata su pilastrini e coronata da cuspidi triangolari. L'intera opera è decorata da più di 150 statue, che raffigurano angeli, santi, e vescovi, e da formelle con la vita del santo.
Oltre a quella di sant'Agostino, la chiesa ospita le tombe di Severino Boezio, nella cripta, e di Liutprando, alla base dell'ultimo pilastro della navata destra.
Della presenza del corpo di Boezio presso San Pietro in Ciel d'Oro tratta Dante nel canto X del Paradiso, ove si trova scritto:
« Lo corpo
ond’ella fu cacciata giace
giuso in Cieldauro; ed essa da martiro e da essilio venne a questa pace »</div> |
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d'Oro»</a>