La basilica concattedrale di Sant'Andrea è la più grande chiesa di Mantova. Opera fondamentale di Leon Battista Alberti nello sviluppo dell'architettura rinascimentale, venne completata molti anni dopo la morte dell'architetto, con modalità non sempre conformi ai progetti originali.
Un primo edificio religioso preromanico dedicato a Sant'Andrea sorse in seguito alla scoperta della reliquia del Sangue di Cristo avvenuta nel 804. Con il secondo rinvenimento della reliquia nel 1049, il monastero benedettino fu ricostruito. Unici resti attualmente visibili sono il campanile gotico e un lato del chiostro. La chiesa venne infine ristrutturata definitivamente a partire dal 1472, su progetto di Leon Battista Alberti, commissionato dal signore di Mantova, Ludovico III Gonzaga (e dal figlio Francesco, cardinale) che voleva farne un simbolo del proprio potere sulla città e del prestigio della casata.
Lo scopo della nuova costruzione era quello di accogliere i pellegrini che giungevano durante la festa dell'Ascensione durante la quale veniva venerata una fiala contenente quello che si ritiene il "Preziosissimo Sangue di Cristo" portato a Mantova, secondo la tradizione, dal centurione Longino. La reliquia, molto venerata a partire dal Medioevo ma soprattutto nel XV secolo, e portata in processione per le vie della città il Venerdì Santo, è oggi conservata proprio nei Sacri Vasi custoditi all'interno dell'altare situato nella cripta della basilica.
I lavori iniziarono intorno al 1460, fino alla morte di Alberti. La costruzione proseguì a fasi alterne e rimase a lungo incompiuta, tanto che per il completamento si dovette aspettare fino al XVIII secolo. Tuttavia le cappelle risultavano compiute nel 1482 e la facciata risultava completata nel 1488. Questioni storiografiche molto dibattute sono, pertanto, sia la ricostruzione del progetto originario di Alberti, sia la fedeltà a tale progetto di quanto realizzato. Alcuni studiosi attribuiscono ad Alberti lo schema generale e la facciata ma non la definizione dei particolari, mentre altri affermano che quanto costruito nel XV secolo e in particolare fino alla morte del committente nel 1478, corrisponda al progetto albertiano. Il tecnico incaricato di seguire i lavori durante la prima fase costruttiva fu Luca Fancelli che disponeva un modello ligneo fornito da Alberti e che servì in fase di realizzazione. Fancelli, che seguiva anche i lavori per la chiesa di San Sebastiano e che aveva conosciuto Alberti a Roma, era probabilmente in grado di seguirne le intenzioni progettuali, anche se non risultano documentati disegni di dettaglio forniti da Alberti..
I lavori furono interrotti intorno al 1494 e ripresero solo nel 1530. La cupola fu aggiunta nel 1732 da Filippo Juvarra, che si ispirò a quella borrominiana della basilica di Sant'Andrea delle Fratte.
L'imponente campanile gotico ospita 5 campane ottocentesche (La2, Do#3, Mi3, Fa#3, La3), delle quali la maggiore, del peso di 2555 kg, è stata fusa dalla ditta Cavadini di Verona.
Le forti scosse del terremoto dell'Emilia del 20 e 29 maggio 2012 hanno provocato danni alla cupola della basilica.
L'Alberti creò il suo progetto «... più capace più eterno più degno più lieto ...» ispirandosi al modello del tempio etrusco descritto da Vitruvio, un edificio cioè con pronao anteriore a colonne ben distaccate e senza peristasi.
Quello di Alberti andò a contrapporsi e sostituire ad un precedente progetto di Antonio Manetti, probabilmente a tre navate , simile alle chiese brunelleschiane. Innanzitutto mutò l'orientamento della chiesa allineandola all'asse viario che collegava Palazzo Ducale al Tè.
La facciata è concepita sullo schema di un arco trionfale romano a un solo fornice tra setti murari, ispirato a modelli antichi come l'arco di Traiano ad Ancona e ancora più monumentale del precedente lavoro albertiano sulla facciata del Tempio Malatestiano. Lo schema dell'arco di trionfo è inserito o soprapposto al tema formale del tempio classico che forma una sorta di avancorpo avanzato, rispetto al resto dell'edificio. Sotto l'arco venne a formarsi uno spesso atrio, diventato il punto di filtraggio tra interno ed esterno.
L'ampio arco centrale è inquadrato da paraste corinzie che estendendosi per tutta l'altezza della facciata, che costituisce uno dei primi monumenti rinascimentali per cui venne adottata questa soluzione che sarà denominata ordine gigante. Sui setti murari si trovano archetti sovrapposti tra lesene corinzie sopra i due portali laterali. La facciata è inscrivibile in un quadrato e tutte le misure della navata, sia in pianta che in alzato, si conformano ad un preciso modulo metrico.
Grande enfasi è poi data da un secondo arco superiore, oltre il timpano, e arretrato rispetto all'avancorpo della facciata. Tale elemento architettonico definito "ombrellone", è in realtà un tratto di volta a botte e venne ritenuto, nel XIX secolo, estraneo al progetto di Alberti rischiando la demolizione.. L'"ombrellone" segna l'altezza della navata, enfatizza la solennità dell'arco di trionfo e il suo moto ascensionale e permette l'illuminazione della navata, grazie ad un'apertura posta verso l'interno della controfacciata che forse doveva servire anche per l'ostensione delle reliquie..
L'interno è a croce latina, con navata unica coperta a botte con lacunari, e con cappelle laterali a base rettangolare, inquadrate negli ingressi da un arco a tutto sesto, che riprende quello della facciata. Tre cappelle più piccole, ricavate nel setto murario dei pilastri, si alternano a quelle maggiori e la loro alternanza venne definita dall'Alberti come tipologia di "chiesa a pilastri". L'impianto ad aula della chiesa fu dovuto probabilmente all'esigenza di un spazio ampio in cui la massa dei fedeli e dei pellegrini potessero assistere all'ostensione dell'importante reliquia.
Il prospetto interno della navata è dunque scandito da due ordini gerarchizzati di cui in minore sostiene gli archi ed è inquadrato sotto la trabeazione di quello maggiore. Questo motivo che presenta l'alternanza di un interasse largo tra due stretti, è chiamato travata ritmica e trova un parallelo con il disegno della facciata. Dopo Alberti che è il primo ad utilizzarlo diventerà un elemento linguistico molto diffuso con Bramante e gli architetti manieristi.
La crociera tra navata e transetto è coperta con una cupola, su pilastri raccordati con quattro pennacchi, che si è dubitato facesse parte del progetto albertiano. Tuttavia i pilastri della crociera risultano eretti durante la prima fase costruttiva quattrocentesca.
Dietro l’altare si trova una profonda abside che chiude lo spazio della navata.
Alla fine del XVI secolo fu realizzata una cripta con un colonnato ottagonale, destinata ad accogliere la reliquia del "Preziosissimo sangue", posta in un altare al centro, e le sepolture dei Gonzaga, che non vennero realizzate.
Sulla cantoria destra del presbiterio è collocato l'organo a canne, costruito nel 1850 dalla Fabbrica Nazionale Privilegiata d'Organi Fratelli Serassi di Bergamo. Lo strumento ha due tastiere di 73 tasti (Do-1 - Do6) ed una pedaliera dritta di 27 note (Do-Re); la divisione bassi/soprani delle tastiere e a Si2/Do3. L'organo, che è a trasmissione integralmente meccanica, è inserito all'interno della ricca cassa dorata scolpita, opera in stile neoclassico di Paolo Pozzo; la facciata è costituita da tre cuspidi del registro di Principale. Di seguito la disposizione fonica dell'organo in base alla posizione dei pomelli che comandano i vari registri nelle due colonne alla destra delle tastiere e nella colonna alla sua sinistra:
|
|
|
Per gli elementi della chiesa gli storici hanno proposto numerosi riferimenti e modelli antichi: il Pantheon per il rapporto tra pronao ed il resto dell'edificio; la Basilica di Massenzio per la grande volta della navata e quelle del transetto e degli atri d'ingresso; gli archi di trionfo. Tuttavia risulta chiaro in quest'opera il rapporto che Alberti aveva con le fonti classiche, che non furono mai oggetto di semplice imitazione ma analizzate nei componenti sintattici e utilizzate in modo autonomo. Inoltre Alberti non limitava il suo interesse gli edifici classici, ma utilizzò qui come in altre sue opere anche elementi desunti da monumenti medievali: basilica di San Marco per la facciata vista come avancorpo e le cappelle ricavate all'interno dei pilastri e la Badia fiesolana per la copertura a volta della navata.
La prima cappella a sinistra che ospita la tomba di Andrea Mantegna, fu decorata ad opera del Correggio sulla base di disegni dello stesso Mantegna. Del maestro rimangono comunque il Battesimo di Cristo sulla parete di destra, completato dal figlio Francesco, e la Sacra Famiglia e famiglia del Battista, sull'altare.
Tra le altre opere d'arte si segnalano una grande pala d'altare, la Madonna col Bambino in trono tra i santi Sebastiano, Silvestro, Agostino, Paolo, Elisabetta, Giovannino e Rocco, di Lorenzo Costa il Vecchio e gli affreschi della cappella di San Longino (sesta a destra), su disegno di Giulio Romano.
Dall'atrio provengono i quattro medaglioni con Ascensione (scuola di Mantegna, con sinopia del maestro), i Santi Andrea e Longino (scuola di Mantegna), la Sacra Famiglia con i santi Elisabetta e Giovannino (Correggio) e la Deposizione (Correggio), oggi nel Museo diocesano.