Colonna di Antonino Pio

La colonna di Antonino Pio era un'antica colonna situata nel Campo Marzio, a Roma.

, conservato nei Musei Vaticani]] La colonna di Antonino Pio era un'antica colonna situata nel Campo Marzio, a Roma.

Storia

Costruzione

La colonna venne eretta tra il 161 e il 162 in onore dell'imperatore Antonino Pio e di sua moglie Faustina maggiore da parte degli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero. La zona scelta era quella dove si era svolto l' Ustrinum Antoninorum, cioè la cremazione del corpo dell'imperatore. La colonna era costituita da granito rosso egiziano, materiale utilizzato già al tempo dei faraoni per la costruzione degli obelischi. A differenza della precedente colonna di Traiano e della successiva colonna di Marco Aurelio, costruita pochi anni più tardi, questa colonna non possedeva decorazioni sulla superficie del fusto. Misurava 14.75 m in altezza e 1.90 in larghezza e sulla sua sommità era posta una statua di Antonino Pio, come mostrato in una moneta con l'effige dell'imperatore. Era inoltre recintata da uno steccato o da una cancellata.

Scoperta

I resti della colonna vennero riportati alla luce nel 1703, quando alcuni edifici nella zona di Montecitorio vennero rasi al suolo, e dissotterrati nel 1705 dal figlio di Carlo Fontana, Francesco. La colonna risultava rotta in più punti. Clemente XI avanzò l'idea di rialzarla, come testimoniato da Giuseppe Vasi in una descrizione delle sue stampe nel Libro II - Le Piazze principali con obelischi, colonne ed altri ornamenti, ma l'idea venne abbandonata poiché alcune parti erano andate perdute. I resti vennero temporaneamente accatastati vicino a palazzo Montecitorio.

Benedetto XIV avanzò anch'egli l'intenzione di esporre i resti della colonna. Nel 1741 diede ordine all'architetto Ferdinando Fuga di posizionare il basamento, riccamente decorato e restaurato tra il 1706 e il 1708 subito dopo la sua scoperta, al centro di piazza Montecitorio. Sulla sua sommità fece inoltre erigere una statua. Nonostante gli sforzi il risultato non ottenne molti consensi. Nel 1759, durante il pontificato di Clemente XIII, i frammenti della colonna, depositati in alcuni capannoni, vennero danneggiati da un incendio. Un ulteriore tentativo di restauro venne eseguito pochi anni dopo, nel 1764, senza tuttavia dare i frutti sperati.

Fu Pio VI che nel 1789 decise di utilizzare quanto rimaneva della colonna per restaurare l'obelisco di Montecitorio, ritrovato nel 1748. Questa scelta venne effettuata poiché il granito rosso esiste solo in Egitto e non vi erano possibilità di importarlo, sia per questioni politiche che economiche.

Oggi ne rimangono solo la base (custodita nel cortile della Pigna ai Musei Vaticani sin dal 1787 e soggetta già a forti restauri) e la terminazione, con la firma dell'architetto Eraclide e la data di estrazione dalla cava, il 106 d.C.

Il basamento

La base è composta da un grande dado, con quattro facce sulle quali si trovano tre rilievi e un'iscrzione dedicatoria (CIL VI, 1004, CIL VI, 31223=ILS 347).

Apoteosi di Antonino Pio e Faustina

Sul lato opposto è rappresentata l'apoteosi di Antonino Pio e di sua moglie Faustina mentre ascendono verso gli dei sorretti da un genio alato, Aion, simbolo dell'eternità. Il genio regge in mano i simboli del globo celeste e del serpente ed è affiancato da due aquile, che alludono all'apoteosi.

Ai due lati, in basso, assistono alla scena la dea Roma, in abito amazzonico e seduta presso una catasta di armi, e la personificazione del Campo Marzio, rappresentato come un giovane che sorregge l'obelisco importato da Augusto da Eliopoli ed utilizzato per la grandiosa meridiana del Campo Marzio.

L'impostazione del rilievo è tipica delle scene di apoteosi (si veda l' Apoteosi di Sabina in un rilievo dal cosiddetto arco di Portogallo), con la parte inferiore occupata da figure sedute o distese e quella centrale/superiore con una figura alata, che si innalza obliquamente recando in cielo i personaggi da deificare.

Il rilievo è improntato ad un classicismo piuttosto accademico, con figure isolate, e qualche durezza come nelle personificazioni in basso (Roma e il Campo Marzio) particolarmente fisse e statiche, quasi oggetti inanimati, derivate dal linguaggio caratteristico dell'allegoria, infarcito dai luoghi comuni della propaganda imperiale su schemi ellenizzanti. Nonostante ciò, proprio dal contrasto con le due figure inferiori, la figura alata arriva ad apparire più impetuosa, plastica, quasi come se se ne potesse avvertire il vibrante moto ascendente.

Piccoli ma significativi accorgimenti movimentano la scena: sporgono oltre gli orli l'ala sinistra del genio, lo scudo di Roma personificata e i lembi del panneggio della figura sdraiata. Essi sono indice di un nuovo modo di intendere la spazialità, che non è più legata al mero spazio del supporto.

Decursio

Sui restanti due lati sono rappresentate due scene quasi identiche della duplice consecratio della coppia imperiale (una per Antonino e una per Faustina, come le doppie aquile). Vi sono raffigurati i membri del rango equestre intenti a celebrare il decursio o decursius, ovvero la giostra a cavallo durante la cerimonia funebre, coi relativi vessilliferi, all'esterno, e un gruppo di pretoriani all'interno.

Questo rito, che doveva aver avuto luogo attorno all'ustrino dove si era svolta la cerimonia di cremazione, si era svolta in due tempi (prima la processione a piedi, poi la giostra a cavallo), ma nella raffigurazione è usato l'espediente della contemporaneità, collocando una parata dentro l'altra. Un altro espediente convenzionale, mutuato dall'arte plebea e presente, per esempio, anche nella Colonna Traiana nella raffigurazione dei campi militari, è quello della prospettiva "a volo d'uccello", che permette di inquadrare l'intero moto circolare della giostra, con i cavalieri posti su due piani principali, in file di due o tre, poggianti su sottili lembi di terreno ad altezze diverse. La presenza di scorci è novità assoluta in un monumento ufficiale romano.

Rispetto alla scena dell' Apoteosi l'organizzazione spaziale è quindi ancora più originale ed è indice di come gli artisti ufficiali si muovessero con grande originalità soprattutto affrontando quei temi per i quali non esistevano schemi tradizionali a cui ispirarsi. Le figurette tozze, quasi a tutto tondo, si addensano entro un'ellissi centrale e spiccano sullo sfondo neutro, secondo una composizione così insolita che sembra una trascrizone in altorilievo dei bassorilievi della Colonna Traiana. Il netto contrasto tra sfondo levigato e l'animata scena forse non è altro che una derivazione, trasposta in una composizione d'insieme, del gusto adrianeo nell'accostamento tra superfici lisce (come le carni nei ritratti) e mosse pittoricamente (come nelle barbe, nei capelli...).

Bibliografia

  • Ranuccio Bianchi Bandinelli - Roma: L'arte romana nel centro del potere, Rizzoli, 1976
  • Vogel, L., The Column of Antoninus Pius, Harvard University Press, 1973

Voci correlate

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