Il cosiddetto Parco dei Mostri o Sacro Bosco di Bomarzo, in provincia di Viterbo, è un complesso monumentale situato alle pendici di un vero e proprio anfiteatro naturale.
Qui Vicino Orsini fece costruire nel XVI secolo alcuni monumenti che raffigurano animali mostruosi e mitologici. Gli architetti erano Pirro Ligorio, Jacopo Barozzi da Vignola ed altri successori. Chiamò il parco Sacro Bosco e lo dedicò a sua moglie, Giulia Farnese (non la concubina del papa Alessandro VI). Vi sono anche architetture impossibili, come la casa inclinata, o alcune statue enigmatiche che rappresentano forse le tappe di un itinerario di matrice alchemica.
Iscrizioni sui monumenti stupiscono e confondono il visitatore. Forse questa era l'intenzione del principe: (Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua, dove son faccie horrende, elefanti, leoni, orchi et draghi.). Ci sono anche implicazioni morali: (Animus quiescendo fit prudentior ergo). O forse il complesso fu fatto semplicemente "per arte" in un doppio senso della parola (Tu ch'entri qua con mente parte a parte et dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte).
Scienziati storici e filologi hanno fatto parecchi tentativi di spiegare il labirinto di simboli, e hanno trovato temi antichi e motivi della letteratura rinascimentale, per esempio del Canzoniere di Petrarca, dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e dei poemi Amadigi e Floridante di Bernardo Tasso (in quest'ultimo compare ad esempio un dragone d'acciaio con una stanza all'interno, e dalla cui bocca uscivano amazzoni a cavallo). Sono rimasti, però, talmente tanti misteri che uno schema interpretativo universale, alla fine, forse non potrebbe essere trovato; su un pilastro, però, compare la possibile iscrizione-chiave "Sol per sfogare il core". John Shearman, che cita più volte il parco nel suo Mannerism, parla di "incredibili, piacevoli e soprattutto manifeste finzioni - prodotti d'evasione artistica e letteraria".
Dopo la morte dell'ultimo principe Orsini nel 1585 il parco fu abbandonato e nella seconda metà del Novecento fu restaurato dalla coppia Giancarlo e Tina Severi Bettini, i quali sono sepolti nel tempietto interno al parco, che forse è anche il sepolcro di Giulia Farnese.