Veglia (isola)

Veglia (in croato Krk, in latino Curicta, in veneto Vegia, in dalmatico Vecla) è la più grande isola del Mare Adriatico e della Croazia. È situata nel golfo del Quarnero, a breve distanza dalla terraferma e dalla città di Fiume.

Storia

Originariamente popolata dalla tribù dei Liburni, l'isola fu in seguito conquistata dai Romani, che si insediarono particolarmente nella zona di Castelmuschio e del capoluogo. Nel 49 a.C. vi ebbe luogo una battaglia navale tra Ottaviano e Marco Antonio. Dopo la caduta dell'impero romano cadde sotto l'influenza dell'impero bizantino, quindi dei veneziani.

Dal 1358 al 1480 Venezia ne affidò l'amministrazione ai duchi di Veglia, i Frangipane.

L'isola passò in seguito agli austriaci, per un breve periodo ai francesi e poi per poi tornare agli Asburgo (dal 1815 al 1918). Non venne compresa tra i territori promessi al Italia in base al Patto di Londra in quanto avrebbe dovuto infatti costituire, assieme a Fiume, ed Arbe (oltre al litorale croato da Buccari a Carlopago) l'unica porzione di territorio marittimo austro-ungarico nell'Adriatico che sarebbe stato attribuito alla Croazia comunque soggetta ad un' Ungheria o più autonoma dentro lo Stato asburgico o indipendente. Il 30 ottobre 1918, malgrado, per quanto detto sopra, non avrebbe dovuto esser occupata, il Comune del capoluogo, dove la popolazione era a schiacciante maggioranza italiana, votò unanime, quasi contemporaneamente a quello di Arbe, la propria riunione alla Madrepatria chiedendo l'invio di qualche nave della Marina italiana. L'Ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel, date le clausole dell'armistizio, poté inviare proprie unità a garanzia dell'ordine pubblico anche se, successivamente, la delegazione italiana a Versailles, rimanendo fedele alle richieste del Patto di Londra in più delle quali chiedeva anche Fiume, non la comprese tra le proprie rivendicazioni. Malgrado ciò, dopo l'ingresso di Gabriele d'Annunzio a Fiume e la successiva proclamazione della Reggenza Italiana del Carnaro, gruppi di legionari sbarcarono sull'isola occupandola per quasi un anno fino a quando le navi italiane, inviate per scacciare il Vate dai territori che aveva occupato, non costrinsero i gruppi di volontari ad abbandonarla. Con il Trattato di Rapallo entrò a far parte del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Da allora una parte della popolazione italiana, concentrata esclusivamente nel capoluogo cittadino, scelse la via dell'esodo parimenti a quanto avvenne in molti centri della Dalmazia passata sotto la sovranità jugoslava. Gli italiani rimasti poterono optare per la cittadinanza italiana e per loro venne aperta una apposita agenzia consolare a tutela dei loro diritti (istruzione, culto religioso, rilascio passaporti, ecc.). Gli italiani optanti vennero iscritti nelle liste elettorali della vicina isola di Cherso, annessa all'Italia. Nel frattempo ci fu una graduale immigrazione di Croati, sia provenienti dagli altri paesi dell'isola di Veglia (di antico insediamento slavo) che dalla terraferma, tanto che alla vigilia del secondo conflitto mondiale le due etnie circa si eguagliavano in numero. Nel periodo tra le due guerre, comunque, il Comune di Veglia fu l'unico a maggioranza italiana incluso nel regno jugoslavo. Nel 1941 venne rioccupata dalle truppe italiane, le quali avanzavano nella Jugoslavia, ed annessa alla estesa Provincia di Fiume. Ma dopo l'8 settembre 1943 entrò a far parte delle Province italiane incorporate al Reich che formarono l'Adriatisches Küstenland. Finito il Secondo conflitto Mondiale l'isola venne ceduta alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, di cui ha seguito le sorti fino all'indipendenza della Croazia (1991). Dopo il 1945 iniziò un nuovo esodo della popolazione italiana, che scomparve quasi del tutto da Veglia. Vi resiste attualmente, riunita in una propria associazione, un'esigua comunità italiana, residua di quella che costituì, fino agli anni Venti, la stragrande maggioranza della popolazione dell'isola ed il 100% della popolazione della città. A Veglia visse l'ultimo parlante della lingua dalmatica, idioma romanzo autoctono, Tuone Udaina, Antonio Udina in italiano.

Geografia

Veglia, con i suoi 409 km² è la più grande isola del Mar Adriatico. La superficie è prevalentemente collinare e la vetta più alta è l'Obzova (549 m). Ha 16.402 abitanti secondo l'ultimo censimento del 2001 ed una densità demografica di 40 ab./km². L'isola gode del clima mediterraneo, nonostante la latitudine infatti la media di temperature è di 22,8°, le massime vanno dai 10° di dicembre e gennaio ai 30° di agosto. Sull'isola ci sono due piccoli laghi e tre torrenti. Grazie al clima si coltivano vigne ed ulivi.

Patrimonio artistico-culturale

Sull'isola si trova la cattedrale di Veglia, sede vescovile, il museo della chiesa contenente dipinti italiani dei secoli XVI e XVII, il castel, un monastero francescano sull'isolotto di Cassione (Košljun), la Galleria Fortis con reperti romani e infine la galleria d'arte Decumanus.

Sono state ritrovate iscrizioni glagolitiche del XI secolo (l'antica scrittura slava) (lapide di Bescanuova).

Centri principali

  • Bescanuova (Baška)
  • Castelmuschio (Omišalj)
  • Dobrigno (Dobrinj)
  • Gnivizze (Njivice)
  • Malinsca (Malinska)
  • Ponte di Veglia (Punat)
  • Verbenico (Vrbnik)
  • Veglia (Krk)
  • Monte di Veglia (Vrh)
  • Bescavecchia (Stara Baska)

Cenni sui centri principali

vista dal porto]] Bescanuova (Baška) è situata nel sud dell'isola, nota come località di villeggiatura, possiede una vasta spiaggia di ciottoli e un vasto panorama dal crinale su cui si estende. Il primo insediamento fu quello romano, nel 1380 i Veneziani la bruciarono nel corso di una battaglia e nel 1525 nacque nuovamente sul bordo del mare, dove ancora oggi si possono notare le file di case, ben conservate, con le facciate collegate l'una all'altra. Dalla città partono sentieri che la collegano con altri centri dell'isola.
Verbenico (Vrbnik) è un centro medievale posizionato su di un dirupo nella parte orientale dell'isola. Composta da ripide vie munite di archi, fu il centro della lingua glagolitica tenuta in vita da alcuni sacerdoti, mestiere che molti giovani sceglievano di fare per non lavorare per le galere veneziane. Il paese gode di un'ottima vista sul mare e sulla spiaggia sottostante.

Bibliografia

  • Dario Alberi, Dalmazia - storia, arte e cultura, LINT Editoriale, Trieste, ISBN ISBN 978-88-8190-244-6

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